La parola d’ordine è negare-negare-negare. Tutto e sempre. E quando i fatti costringerebbero anche il più impudente e spudorato ad ammettere le proprie colpe, i migliori esponenti di questa maggioranza di governo si stringono attorno al malcapitato in un coro soave di angeliche voci. E continuano a negare le accuse con tale veemenza da convincersi probabilmente da soli della genuinità delle proprie tesi. Roba da chiamare la neuro. Solo così è possibile spiegare perchè un uomo come Sandro Bondi possa essere ritenuto ancora degno di ricoprire la carica di Ministro per i Beni e le Attività Culturali. Insieme alle rovine di Pompei viene giù anche il buon gusto, la decenza, il senso del pudore. Ma d’altra parte la carriera politica di Bondi non si è svolta di certo all’insegna della coerenza.
Figlio di un operaio socialista, Bondi ha iniziato la sua carriera politica militando nella Federazione Giovanile Comunista Italiana, per essere poi eletto nel 1990 sindaco di Fivizzano, un comune toscano di circa 8.000 abitanti, nelle file del PCI. Ma nel 1992, la sua stessa Giunta viene rovesciata da un accordo tra socialisti e DC. Il grande spessore politico dell’uomo Bondi era già noto negli ambienti politici da lui frequentati: sembra infatti che lo chiamassero “ravanello”, rosso fuori ma bianco dentro. Ma di rosso Bondi non ha nemmeno quell’ombra di umana vergogna sulle gote, se ad appena due anni dalla disfatta municipale, inizia a lavorare per il Centro Studi di Forza Italia, al servizio cioè dell’uomo “sceso in campo” per salvare l’Italia dai comunisti. Sarà stato un atto di auto-redenzione masochista? Un perverso modo di punirsi per il fallimento della sua esperienza di sindaco? O ha voluto vivere l’esempio dantesco del contrappasso, divenendo negli inferi (della sua dignità) il persecutore di ciò che era stato?
Qualunque sia stato il movente, una volta conquistato l’appoggio di Berlusconi, la vita per Bondi va tutta in discesa. Da uomo di lettere e di cultura, si occupa della stesura di Una storia italiana, il grande best-seller sulla vita pubblica e privata del suo padrone spedito a tutti gli italiani; pubblica, a 17 anni dalla laurea, la sua tesi, diventa un noto e sensibile poeta, stupisce persino i colleghi dimostrandosi abilissimo pianista, ma sbagliando grottescamente il luogo in cui esibire la sua arte (http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche/politica/2010/12/21/visualizza_new.html_1647657297.html) Ma in niente ha saputo esprimere le sue capacità politiche e la sua sensibilità artistica come nella sua attività di Ministro. In questa veste può vantare l’arguzia di affermare di non capire nulla di arte moderna, di aver commissariato il sito archeologico di Pompei, quadruplicandone le spese di gestione, di aver affidato la gestione dei musei italiani all’ex amministratore delegato di McDonalds che ha speso tutto in pubblicità e poco o niente in manutenzione, di aver nominato Vittorio Sgarbi Sovrintendente di Venezia, nonostante fosse stato condannato per truffa aggravata ai danni della Sovrintendenza di, guarda un po’, Venezia!
E come tralasciare le sue performance in occasione del festival del cinema di Venezia dello scorso anno, per il quale prima ha creato un premio ad hoc per un’attrice bulgara amica di Berlusconi, ospitata e fatta arrivare in Italia con soldi pubblici (circa 400 mila euro), e poi ha minacciato di nominare la giuria del prossimo festival per evitare le posizioni “relativistiche ed elitarie” di giurati del calibro di Quentin Tarantino. Ma Bondi ha col cinema un rapporto speciale: pochi mesi primi aveva difeso l’immagine del suo padrone, disertando il festival di Cannes, reo di ospitare Draquila di Sabina Guzzanti.
Ogni commento ulteriore è superfluo, forse l’epiteto migliore di Sandro Bondi è quello datogli oggi da un parlamentare dell’Idv, Pierfelice Zazzera, che durante le dichiarazioni di voto sulla sfiducia ha commentato:
“ Uno come lei non può fare il ministro, ma il giullare di corte”
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